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9 Gennaio 2022
Opere perdute: il cofanetto prezioso di Margherita di Savoia*
"Oceanum interea surgens Aurora reliquit..."
(Virgilio, Eneide, libro 11)
Per tre mesi, da febbraio ad aprile del 1868, alcune stanze di Palazzo Carignano a Torino, vennero trasformate in spazio di lavoro per orefici, gioiellieri, cesellatori, incisori, un'equipe di alacri artefici, diretti da Carlo Twerembold, per terminare nei tempi prestabiliti il prezioso cofanetto in oro e pietre preziose che la Municipalità di Torino aveva deciso di donare a Margherita di Savoia in occasione delle nozze con il principe ed erede al trono Umberto di Savoia: un'occasione fantastica per la ditta di oreficeria-gioielleria Giuseppe Twerembold di primeggiare nel panorama nazionale come fornitrice della Casa regnante e un primato da mantenere per la città di Torino, spodestata del ruolo di capitale, nella gara dei festeggiamenti nuziali che avrebbe coinvolto le ex capitali dell'Italia unificata.
Il resoconto di questo tour de force che vide impegnati i migliori talenti nel campo della scultura, dell'oreficeria e della gioieileria, è stato scritto, e dato alle stampe, da Pietro Giusti, propositore dell'idea presso la commissione pubblica appositamente costituita e ideatore del modello. L'intento era che il cofanetto sarebbe servito come piccolo forziere per contenere i cento biglietti di auguri inviati alla sposa da altrettante città italiane.
Un corposo carteggio, conservato nell'Archvio storico della Città di Torino, testimonia l'iter di un lavoro che data la ristrettezza dei tempi di consegna fu irto di difficoltà, segnato da cambiamenti tecnici nella realizzazione del modello introdotti in corso d'opera, da perizie di valutazione del lavoro, dei materiali impiegati e su loro corretto utilizzo, infine da una trattativa al termine della quale si giunse a stabilire per Twerembold l' "equo compenso" di 93.000 lire. L'opera "splendida e artistica" come da fattura su carta intestata "Giuseppe Twerembold e figli, Fabbrica di gioielleria e oreficeria, orologi, pendole e bronzi, Torino, Piazza Carignano e via Accademia delle Scienze e Firenze, Piazza Santa Trinita e via Tornabuoni", risultava pesare 13.180 grammi di oro al titolo di 900 millesimi più 800 grammi di lapislazzuli di Persia, ed era impreziosito da 1079 perle di dimensione e qualità variabili, 556 rubini grandi e piccoli, 378 zaffiri, 56 piccoli diamanti, 46 smeraldi tra cui 4 molto grandi del peso di 108 grani. A ciò si aggiungeva il peso e il costo della statuetta di sormonto: 1 chilogrammo d'oro e 1000 lire tra modellazione, fusione e cesellatura.
Il cofanetto di forma rettangolare, con cornici semplici, rabescate e ornate di perle che inquadravano pannelli in lapislazzuli, poggiava su quattro piedi alti 4 centimetri, cesellati a fogliami e rocchetti, misurava 54 x 37 x 30 centimetri ed era sormontato da un coperchio sagomato sovrastato al colmo da una figurina raffigurante l'Aurora che spargeva fiori, alta 15 centimetri.
A metà delle quattro facce dentro fomelle circolari c'erano gli stemmi di casa Savoia in mosaico di rubini e perle incastonati sul fondo d'oro, sormontati ai cantoni da teste d'aquila e al centro da cimieri con lambrecchini e corone, queste rispettivamente di conte, duca, re di Sardegna e re d'Iitalia, circondati da rami di quercia e cartigli con il motto FERT che raccontavano l'ascesa nei secoli della dinastia da Conti di Moriana al trono nazionale. Nel coperchio erano posti due stemmi della città di Torino con il toro in oro cesellato su fondo azzurro incastonato di zaffiri e due cartigli contornati da piccole perle con le scritte beneauguranti: "Vivete felici" e "Cari alla patria". L'interno era foderato in azzurro con velluto di seta - lavoro eseguito dalla fabbrica Chichizzolo - e il sotto del coperchio ricamato in oro e perle con motivo a fogliami e fiori con al centro lo stemma della città di Torino lavorato a cesello e smaltato; un cartiglio con lettere a rilievo riportava l'incrizione: "La vostra città natale il 21 di aprile 1868 giorno di pubblica letizia".
Il coperchio era fissato al cofanetto tramite cerniere rabescate e sorretto da due robusti bracci in oro massiccio snodati a doppia inginocchiatura; la serratura era in acciaio dotata di una chiave in oro scolpita con l'aquila di Savoia coronata.
Il sontuoso cofanetto, degno della futura prima regina d'Italia, di cui nel tempo si è persa la traccia ma all'epoca "tale da ricordare la prosperità delle industrie belle dei secoli passati", fu un'opera corale alla cui realizzazione attesero più di venti artigiani, perciò vale la pena ricordarli tutti: Giuseppe Franzosi, cesellatore dell'Aurora; Giovanni Colla, fonditore di metalli; Camillo Giolino, fabbricante di lavori in oro e gioie; Giovanni Pistono, modellatore e cesellatore; Annibale Maggi, cesellatore; Paolo Acquadro, costruttore del sistema di chiusura; e poi i lavoranti dell'atelier Twerembold: Filiberto Lupo, orefice, cesellatore, direttore della fabbrica di Torino; Antonio Galli, modellatore ed esecutore di bronzi d'arte; Felice Berutti, cesellatore e incisore; Francesco Cattaneo, incisore; i gioiellieri: Giovanni Battista Zuliani, Giovanni Battista Chiarella, gioielliere, cesellatore, orefice, direttore dalla fabbrica Twerembold di Firenze, Maurizio Bertola; infine gli orefici: Carlo Borghese, Vincenzo Melchiorre, Clemente Gargulli, Pietro Massia, Antonio Marchisio, Anselmo Bacchelli, Francesco Gaudino, Luigi Rolandi, Carlo Balaira.
Ora veniamo ai principali artefici dell'"opera bella": Pietro Giusti, l'ideatore; lo scultore Alfonso Balzico, autore del modello di Aurora ispirato ai verso virgiliano; gli orafi-gioiellieri Twerembold, Giuseppe e Carlo, padre e figlio, i reaiizzatori.
Pietro Giusti (Siena, 1822 - Torino, 1878), di umili origini, impara il mestiere di intagliatore nella rinomata bottega senese di Angelo Barbetti; nel 1842 segue il maestro a Firenze dove 1848 si arruola volontario nella Guerra di Indipendenza; nella battaglia di Curtatone e Montanara viene fatto prigioniero dagli austriaci e deportato un campo di prigionia. Rientrato a Siena inizia a lavorare per una ricca clentela inglese iniziando a partecipare con regolarità alle esposizioni merceologiche nazionali ed internazionali. Agli anni '60 risalgono le prestigiose commesse per Vittorio Emanuele; nel 1865 Giusti, per la fama raggiunta nell'arte dell'intaglio e per i merito avuti nella direzione della scuola d'ornato senese, viene chiamato ad insegnare intaglio e disegno decorativo presso il Museo Industriale Italiano di Torino, qui realizzerà le opere di ebanisteria e di intaglio esposte al Parigi nel 1867 e a Vienna nel 1873. Egli progetta il cofanetto di Margherita ispirandosi a modelli tardo rinascimentali, manieristi. Oltre al disegno del prospetto frontale - dove al posto dell'Aurora vi sono due colombe cinte da una ghirlanda di fiori - conservato nel fascicolo "Umberto di Savoia e famiglia. Dono di cofanetto alla Sposa Principessa Margherita" che contiene il carteggio della commissione, conservato all'Archivio storico della Città di Torino (ASCT, n.1330, anno 1868, cartella 51, fascicolo 9), altri quattro disegni rispettivamente del coperchio privo della sculturina del Balzico, del braccio di sostegno, del fronte e del lato del cofanetto sono conservati nella Bibioteca Comunale di Siena, all'interno di due grandi libri che raccolgono studi, progetti, tavole e schizzi del Giusti, già esposti a Vienna all'Esposizione Uiversale nel 1873 (BCS, Disegni e iscrizioni, studi di lavoro, E.I.8, carte 19,20,21; E.I.9, carta 92).
Alfonso Balzico (Cava dei Tirreni, 1825 - Roma, 1901) formatosi all'Accademia di Belle Arti di Napoli, completa la sua formazione nell'ambito della scultura a Roma. Dopo i viaggi a Milano e a Firenze, torna a Napoli dove viene apprezzato da Vittorio Emanuele II ottenendo i primi incarichi dal re, soprattutto si fa notare al concorso pubblico per la scultura sulla tema dell'unità nazionale con un progetto del gruppo scultoreo del bersagliere piemontese e dello scugnizzo napoletano. Chiamato a Torino esegue i ritratti di Umberto e di Margherita a cavallo e nel 1866 diventa "lo scultore di casa reale", da questa posizione nel 1868 modella la figurina di Aurora, un chiaro omaggio alla virginale bellezza della giovanissima sposa, ispirato al verso virgiliano: "Oceanum interea surgens Aurora reliquint".
Le notizie di Twerembold iniziano con Domenico che nel 1859 deposita il punzone "Tre frecce"; l'anno precedente la ditta aveva partecipato all'Esposizione nazionale di Torino con oggetti di bigiotteria e gioielleria, ottenendo la medaglia d'argento. Nel 1861 i gioiellieri Twerembold, padre e figli, partecipano all'Esposizione italiana di Firenze, ritenuti anche in questa occasione degni di medaglia; nella relazione dei giurati si legge: "esposero una grande quantità di oggetti di bigiotteria i più svariati....questi oggetti posero testionianza di come (loro) siano giunti indubitamente, non senza molte fatiche, a creare una vera industria in questa branca del lusso. Però sarebbe stato desiderabile veder pietre più belle far parte di quegli aurei ornamenti ma probabilmente i fabbricanti ci avrebbero risposto che le domande dei compratori regolano la fabbricazione di simili oggetti. I signori Twerembold occupano nella loro officina venti operai". La scarsa qualità delle gemme sembra essere il tallone d'Achille dei gioiellieri infatti anche nella relazione di stima del valore delle gemme utilizzate per la realizzazione del cofanetto il perito Cerutti nel 1868 faceva notare alla commissione municipale che i rubini e gli zaffiri "sono passabili" mentre "le perle"sono appena mediocri e valgono poco se si eccettuano quelle che formano la croce dello stemma reale che sono belle"; così al termine della relazione Cerutti suggeriva una riduzione del 10% del prezzo indicato in fattura. Nel 1871 tre anni dopo l'esecuzione del dono per Margherita la Twerembold ottiene una segnalazione per la qualità della cesellatura dei manufatti d'oro in mostra all'Esposizione campionaria di Torino; poi nel 1873 vince la medaglia del progresso all'Esposizione Universale di Vienna e due sue creazioni di gioielleria, un pendente in stile egizio e uno con figura femminile ispirata all'Aurora di Balzico, sono pubblicate all'interno della relazione di Giacomo Falke "L'Esposizione di Vienna e le industrie artistiche italiane. Lavori in oro e in argento". Una fortuna proseguita per alcuni anni dopo la commissione del cofanetto ma che poi sembra esaurirsi dal momento che nelle successive esposizioni di Twerembold non c'è più traccia.
Il 19 aprile del 1868 il cofanetto venne terminato ed esposto per alcuni giorni nel salone municipale della città, risquotendo unanime ammirazione e il plauso generale, e Giusti e Balzico vennero premiati per la loro opera gratuita con la nomina a cavalieri della Corona d'Italia, ma l'esagerata preziosità del dono lo condannò al disfacimento: troppo oro, troppe pietre, un fasto estremo a cui la municipalità di Torino rincorse per riaffermare un ruolo che la pubblica opinione riteneva essere stato scippato alla città con il trasferimento della capitale a Firenze. Il cofanetto cadde nell'oblio, non se ne seppe più nulla, molto probabilemete da esso vennero ricavati oro e gemme utili per altre realizzazioni.
Lia Lenti
Fonti archivistiche: Archivio storico della Città di Torino," Umberto di Savoia e famiglia. Dono di cofanetto alla Sposa Principessa Margherita", n.1330, anno 1868, cartella 51, fascicolo 9; Biblioteca Comunale di Siena, Disegni e iscrizioni, studi di lavoro di Pietro Giusti, E.I.8 e E.I.9.
Bibliografia: P. Giusti, "Del cofanetto d'oro esposto nel Palazzo municipale di Torino. Ricordi e descrizione", Torino, 1868; A. Volmi, "Un prezioso cofanetto del secolo scorso", in "L'orafo valenzano", 1964, n.12; S.Chiarugi, "Botteghe di mobilieri in Toscana", 1994, SPES, Firenze; L. Lenti, "Le gioie nuziali donate dagli italiani a Marghertia di Savoia", in "Gioielli in Italia. Donne e ori. Storia, arte, passione", Venezia, 2003.
*Sulla base della normativa in materia di diritti d'autore, oltre che di una norma etica fondamentale, non è concesso utilizzare testo e immagini senza la citazione delle fonti. Il disegno del cofanetto è conservato nell'Archivio storico della Città di Torino. La documentazione archivistica è stata dalla scrivente consultata nel lontano 1996 e a questa data risale l'acquisto dei diritto di riproduzione dell'immagine.
9 Gennaio 2022
Opere perdute: il cofanetto prezioso di Margherita di Savoia*
"Oceanum interea surgens Aurora reliquit..."
(Virgilio, Eneide, libro 11)
Per tre mesi, da febbraio ad aprile del 1868, alcune stanze di Palazzo Carignano a Torino, vennero trasformate in spazio di lavoro per orefici, gioiellieri, cesellatori, incisori, un'equipe di alacri artefici, diretti da Carlo Twerembold, per terminare nei tempi prestabiliti il prezioso cofanetto in oro e pietre preziose che la Municipalità di Torino aveva deciso di donare a Margherita di Savoia in occasione delle nozze con il principe ed erede al trono Umberto di Savoia: un'occasione fantastica per la ditta di oreficeria-gioielleria Giuseppe Twerembold di primeggiare nel panorama nazionale come fornitrice della Casa regnante e un primato da mantenere per la città di Torino, spodestata del ruolo di capitale, nella gara dei festeggiamenti nuziali che avrebbe coinvolto le ex capitali dell'Italia unificata.
Il resoconto di questo tour de force che vide impegnati i migliori talenti nel campo della scultura, dell'oreficeria e della gioieileria, è stato scritto, e dato alle stampe, da Pietro Giusti, propositore dell'idea presso la commissione pubblica appositamente costituita e ideatore del modello. L'intento era che il cofanetto sarebbe servito come piccolo forziere per contenere i cento biglietti di auguri inviati alla sposa da altrettante città italiane.
Un corposo carteggio, conservato nell'Archvio storico della Città di Torino, testimonia l'iter di un lavoro che data la ristrettezza dei tempi di consegna fu irto di difficoltà, segnato da cambiamenti tecnici nella realizzazione del modello introdotti in corso d'opera, da perizie di valutazione del lavoro, dei materiali impiegati e su loro corretto utilizzo, infine da una trattativa al termine della quale si giunse a stabilire per Twerembold l' "equo compenso" di 93.000 lire. L'opera "splendida e artistica" come da fattura su carta intestata "Giuseppe Twerembold e figli, Fabbrica di gioielleria e oreficeria, orologi, pendole e bronzi, Torino, Piazza Carignano e via Accademia delle Scienze e Firenze, Piazza Santa Trinita e via Tornabuoni", risultava pesare 13.180 grammi di oro al titolo di 900 millesimi più 800 grammi di lapislazzuli di Persia, ed era impreziosito da 1079 perle di dimensione e qualità variabili, 556 rubini grandi e piccoli, 378 zaffiri, 56 piccoli diamanti, 46 smeraldi tra cui 4 molto grandi del peso di 108 grani. A ciò si aggiungeva il peso e il costo della statuetta di sormonto: 1 chilogrammo d'oro e 1000 lire tra modellazione, fusione e cesellatura.
Il cofanetto di forma rettangolare, con cornici semplici, rabescate e ornate di perle che inquadravano pannelli in lapislazzuli, poggiava su quattro piedi alti 4 centimetri, cesellati a fogliami e rocchetti, misurava 54 x 37 x 30 centimetri ed era sormontato da un coperchio sagomato sovrastato al colmo da una figurina raffigurante l'Aurora che spargeva fiori, alta 15 centimetri.
A metà delle quattro facce dentro fomelle circolari c'erano gli stemmi di casa Savoia in mosaico di rubini e perle incastonati sul fondo d'oro, sormontati ai cantoni da teste d'aquila e al centro da cimieri con lambrecchini e corone, queste rispettivamente di conte, duca, re di Sardegna e re d'Iitalia, circondati da rami di quercia e cartigli con il motto FERT che raccontavano l'ascesa nei secoli della dinastia da Conti di Moriana al trono nazionale. Nel coperchio erano posti due stemmi della città di Torino con il toro in oro cesellato su fondo azzurro incastonato di zaffiri e due cartigli contornati da piccole perle con le scritte beneauguranti: "Vivete felici" e "Cari alla patria". L'interno era foderato in azzurro con velluto di seta - lavoro eseguito dalla fabbrica Chichizzolo - e il sotto del coperchio ricamato in oro e perle con motivo a fogliami e fiori con al centro lo stemma della città di Torino lavorato a cesello e smaltato; un cartiglio con lettere a rilievo riportava l'incrizione: "La vostra città natale il 21 di aprile 1868 giorno di pubblica letizia".
Il coperchio era fissato al cofanetto tramite cerniere rabescate e sorretto da due robusti bracci in oro massiccio snodati a doppia inginocchiatura; la serratura era in acciaio dotata di una chiave in oro scolpita con l'aquila di Savoia coronata.
Il sontuoso cofanetto, degno della futura prima regina d'Italia, di cui nel tempo si è persa la traccia ma all'epoca "tale da ricordare la prosperità delle industrie belle dei secoli passati", fu un'opera corale alla cui realizzazione attesero più di venti artigiani, perciò vale la pena ricordarli tutti: Giuseppe Franzosi, cesellatore dell'Aurora; Giovanni Colla, fonditore di metalli; Camillo Giolino, fabbricante di lavori in oro e gioie; Giovanni Pistono, modellatore e cesellatore; Annibale Maggi, cesellatore; Paolo Acquadro, costruttore del sistema di chiusura; e poi i lavoranti dell'atelier Twerembold: Filiberto Lupo, orefice, cesellatore, direttore della fabbrica di Torino; Antonio Galli, modellatore ed esecutore di bronzi d'arte; Felice Berutti, cesellatore e incisore; Francesco Cattaneo, incisore; i gioiellieri: Giovanni Battista Zuliani, Giovanni Battista Chiarella, gioielliere, cesellatore, orefice, direttore dalla fabbrica Twerembold di Firenze, Maurizio Bertola; infine gli orefici: Carlo Borghese, Vincenzo Melchiorre, Clemente Gargulli, Pietro Massia, Antonio Marchisio, Anselmo Bacchelli, Francesco Gaudino, Luigi Rolandi, Carlo Balaira.
Ora veniamo ai principali artefici dell'"opera bella": Pietro Giusti, l'ideatore; lo scultore Alfonso Balzico, autore del modello di Aurora ispirato ai verso virgiliano; gli orafi-gioiellieri Twerembold, Giuseppe e Carlo, padre e figlio, i reaiizzatori.
Pietro Giusti (Siena, 1822 - Torino, 1878), di umili origini, impara il mestiere di intagliatore nella rinomata bottega senese di Angelo Barbetti; nel 1842 segue il maestro a Firenze dove 1848 si arruola volontario nella Guerra di Indipendenza; nella battaglia di Curtatone e Montanara viene fatto prigioniero dagli austriaci e deportato un campo di prigionia. Rientrato a Siena inizia a lavorare per una ricca clentela inglese iniziando a partecipare con regolarità alle esposizioni merceologiche nazionali ed internazionali. Agli anni '60 risalgono le prestigiose commesse per Vittorio Emanuele; nel 1865 Giusti, per la fama raggiunta nell'arte dell'intaglio e per i merito avuti nella direzione della scuola d'ornato senese, viene chiamato ad insegnare intaglio e disegno decorativo presso il Museo Industriale Italiano di Torino, qui realizzerà le opere di ebanisteria e di intaglio esposte al Parigi nel 1867 e a Vienna nel 1873. Egli progetta il cofanetto di Margherita ispirandosi a modelli tardo rinascimentali, manieristi. Oltre al disegno del prospetto frontale - dove al posto dell'Aurora vi sono due colombe cinte da una ghirlanda di fiori - conservato nel fascicolo "Umberto di Savoia e famiglia. Dono di cofanetto alla Sposa Principessa Margherita" che contiene il carteggio della commissione, conservato all'Archivio storico della Città di Torino (ASCT, n.1330, anno 1868, cartella 51, fascicolo 9), altri quattro disegni rispettivamente del coperchio privo della sculturina del Balzico, del braccio di sostegno, del fronte e del lato del cofanetto sono conservati nella Bibioteca Comunale di Siena, all'interno di due grandi libri che raccolgono studi, progetti, tavole e schizzi del Giusti, già esposti a Vienna all'Esposizione Uiversale nel 1873 (BCS, Disegni e iscrizioni, studi di lavoro, E.I.8, carte 19,20,21; E.I.9, carta 92).
Alfonso Balzico (Cava dei Tirreni, 1825 - Roma, 1901) formatosi all'Accademia di Belle Arti di Napoli, completa la sua formazione nell'ambito della scultura a Roma. Dopo i viaggi a Milano e a Firenze, torna a Napoli dove viene apprezzato da Vittorio Emanuele II ottenendo i primi incarichi dal re, soprattutto si fa notare al concorso pubblico per la scultura sulla tema dell'unità nazionale con un progetto del gruppo scultoreo del bersagliere piemontese e dello scugnizzo napoletano. Chiamato a Torino esegue i ritratti di Umberto e di Margherita a cavallo e nel 1866 diventa "lo scultore di casa reale", da questa posizione nel 1868 modella la figurina di Aurora, un chiaro omaggio alla virginale bellezza della giovanissima sposa, ispirato al verso virgiliano: "Oceanum interea surgens Aurora reliquint".
Le notizie di Twerembold iniziano con Domenico che nel 1859 deposita il punzone "Tre frecce"; l'anno precedente la ditta aveva partecipato all'Esposizione nazionale di Torino con oggetti di bigiotteria e gioielleria, ottenendo la medaglia d'argento. Nel 1861 i gioiellieri Twerembold, padre e figli, partecipano all'Esposizione italiana di Firenze, ritenuti anche in questa occasione degni di medaglia; nella relazione dei giurati si legge: "esposero una grande quantità di oggetti di bigiotteria i più svariati....questi oggetti posero testionianza di come (loro) siano giunti indubitamente, non senza molte fatiche, a creare una vera industria in questa branca del lusso. Però sarebbe stato desiderabile veder pietre più belle far parte di quegli aurei ornamenti ma probabilmente i fabbricanti ci avrebbero risposto che le domande dei compratori regolano la fabbricazione di simili oggetti. I signori Twerembold occupano nella loro officina venti operai". La scarsa qualità delle gemme sembra essere il tallone d'Achille dei gioiellieri infatti anche nella relazione di stima del valore delle gemme utilizzate per la realizzazione del cofanetto il perito Cerutti nel 1868 faceva notare alla commissione municipale che i rubini e gli zaffiri "sono passabili" mentre "le perle"sono appena mediocri e valgono poco se si eccettuano quelle che formano la croce dello stemma reale che sono belle"; così al termine della relazione Cerutti suggeriva una riduzione del 10% del prezzo indicato in fattura. Nel 1871 tre anni dopo l'esecuzione del dono per Margherita la Twerembold ottiene una segnalazione per la qualità della cesellatura dei manufatti d'oro in mostra all'Esposizione campionaria di Torino; poi nel 1873 vince la medaglia del progresso all'Esposizione Universale di Vienna e due sue creazioni di gioielleria, un pendente in stile egizio e uno con figura femminile ispirata all'Aurora di Balzico, sono pubblicate all'interno della relazione di Giacomo Falke "L'Esposizione di Vienna e le industrie artistiche italiane. Lavori in oro e in argento". Una fortuna proseguita per alcuni anni dopo la commissione del cofanetto ma che poi sembra esaurirsi dal momento che nelle successive esposizioni di Twerembold non c'è più traccia.
Il 19 aprile del 1868 il cofanetto venne terminato ed esposto per alcuni giorni nel salone municipale della città, risquotendo unanime ammirazione e il plauso generale, e Giusti e Balzico vennero premiati per la loro opera gratuita con la nomina a cavalieri della Corona d'Italia, ma l'esagerata preziosità del dono lo condannò al disfacimento: troppo oro, troppe pietre, un fasto estremo a cui la municipalità di Torino rincorse per riaffermare un ruolo che la pubblica opinione riteneva essere stato scippato alla città con il trasferimento della capitale a Firenze. Il cofanetto cadde nell'oblio, non se ne seppe più nulla, molto probabilemete da esso vennero ricavati oro e gemme utili per altre realizzazioni.
Lia Lenti
Fonti archivistiche: Archivio storico della Città di Torino," Umberto di Savoia e famiglia. Dono di cofanetto alla Sposa Principessa Margherita", n.1330, anno 1868, cartella 51, fascicolo 9; Biblioteca Comunale di Siena, Disegni e iscrizioni, studi di lavoro di Pietro Giusti, E.I.8 e E.I.9.
Bibliografia: P. Giusti, "Del cofanetto d'oro esposto nel Palazzo municipale di Torino. Ricordi e descrizione", Torino, 1868; A. Volmi, "Un prezioso cofanetto del secolo scorso", in "L'orafo valenzano", 1964, n.12; S.Chiarugi, "Botteghe di mobilieri in Toscana", 1994, SPES, Firenze; L. Lenti, "Le gioie nuziali donate dagli italiani a Marghertia di Savoia", in "Gioielli in Italia. Donne e ori. Storia, arte, passione", Venezia, 2003.
*Sulla base della normativa in materia di diritti d'autore, oltre che di una norma etica fondamentale, non è concesso utilizzare testo e immagini senza la citazione delle fonti. Il disegno del cofanetto è conservato nell'Archivio storico della Città di Torino. La documentazione archivistica è stata dalla scrivente consultata nel lontano 1996 e a questa data risale l'acquisto dei diritto di riproduzione dell'immagine.